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Scout Camera e Trail Camera sono tutti nomi che indicano uno stesso prodotto, ossia la fototrappola, la telecamera più sorprendente degli ultimi anni. Se le normali fotocamere hanno bisogno di un essere umano che le azioni e di un’alimentazione di rete che le faccia funzionare, le fototrappole sono fotocamere autoalimentate e autogestite, capaci di resistere all’acqua, di effettuare video e foto, sia di giorno che di notte. Inoltre, hanno una memoria interna che permette di posizionarle nei posti più impensabili e di registrare H24, 7 giorni su 7.

Ripercorriamo un po’ di storia: la prima fotocamera a scatto automatica è stata utilizzata nel 1906 da National Geographics, ma il suo funzionamento era del tutto diverso da quello che conosciamo oggi, in quanto la fotocamera era collegata a un filo che, al passaggio dell’animale, faceva scattare la foto. Anche se il principio alla base è lo stesso, oggi la tecnologia di una fototrappola è più evoluta, il che ha permesso al dispositivo di diventare più piccolo e di avere un costo più basso.

Questi dispositivi sono conosciuti nel mondo con nomi molto diversi – telecamere trail, trappole fotografiche, fotocamere digitali, ecc – ma il meccanismo alla loro base è sempre lo stesso: scattano fotografie in maniera automatica grazie a un sensore PIR a infrarossi e, oltre alle foto, sono in grado di realizzare e registrare filmati.

Per chi non le conoscesse, le fototrappole sono costituite da piccole scatole impermeabilizzate con una lente. Il loro funzionamento è simile a quello di una macchina fotografica digitale, con l’aggiunta del rilevamento di movimento, della visione nottura e della registrazione temporizzata. I comandi, le batterie e quant’altro sono nascosti all’interno della scatola, chiusa con clip di grandi dimensioni. La durata delle batterie, che solitamente sono alcaline, varia a seconda del modello e dell’uso che se ne fa, ma molte permettono di collegare pacchi di batterie a lunga durata.